domenica 15 luglio 2012

Un errore da non ripetere

Studiare la storia è importante per trarre lezioni dagli errori passati
Sicuramente l'iperinflazione che colpi la Germana tra le 2 guerre mondiali è assolutamente da evitare

Fonte : http://ilpunto-borsainvestimenti.blogspot.it/search?q=AZIONI+ESTERE
Articolo del 2006 ma lo scenario di fondo non è cambiato quando fa riferimento alla situazione degli USA confrontandola alla Germania di quel tempo

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Vi sono molti paralleli tra la Germania degli anni 20 e gli USA di oggi, ma anche una differenza fondamentale: mentre la situazione tedesca dell’epoca fu compressa in pochi anni, quell’americana di oggi si protrae per molti anni. Ciò perché i banchieri centrali hanno comunque imparato proprio da quell’esperienza alcuni trucchi per ritardare le conseguenze dell’eccesso nella stampa di moneta, ed inoltre perché la Germania dell’inizio anni 20 era un piccolo Stato isolato dalla sconfitta nella prima guerra mondiale, e dunque ebbe difficoltà a trovare compratori per le proprie obbligazioni; i suoi
deficit dovevano essere finanziati internamente, il che accelerò il ritmo nella stampa di moneta.

Fino a oggi invece gli USA hanno potuto, grazie al loro signoraggio internazionale, farsi finanziare senza difficoltà dall’estero i deficit. Adesso però i bassi tassi d’interesse, ed un crescente timore da parte del resto del mondo che
la situazione sia fuori controllo, ha fatto sì che la Fed monetizzasse una sempre maggior quota del debito americano.

Come si vedrà, la correlazione tra deficit ed inflazione è sempiterna, i deficit portano all’inflazione e i deficit fuori controllo portano ad un inflazione fuori controllo.

Se la Storia insegna qualcosa, è che il governo non può tradire la fiducia quando gestisce la moneta. Se una moneta non è convertibile in oro, il suo valore dipende unicamente dal giudizio e dallacoscienza dei politici. Specialmente durante una crisi economica o durante una guerra, la pressione a stampare moneta diviene molto forte: ogni alternativa (aumentare le tasse ad esempio, o tagliare le spese) sembra politicamente impraticabile.

E’ stato sempre così dall’epoca dei romani a quella della rivoluzione francese: un governo in difficoltà finanziaria trova più facile stampare moneta fin quando può, cioè fino al disastro.
L’intero processo è accompagnato da una marea di spiegazioni, di propaganda e di nuove regolamentazioni che nascondono la vera situazione agli occhi della maggioranza fino a che quest’ultima non si rende conto di aver perso tutti i propri risparmi monetari.


Quandò iniziò la prima guerra mondiale, il 31 luglio 1914, la Reichsbank (la banca centrale tedesca) sospese la convertibilità dei biglietti cartacei in oro: dopodichè non vi furono limiti legali a quanti biglietti potesse stampare. Il governo non voleva infastidire la gente aumentando le tasse, per cui preferiva farsi prestare il denaro che riteneva avrebbe incassato dopo la vittoria dai nemici di guerra.

 Gran parte di quei soldi furono anticipati e stampati dalla banca centrale. Alla fine della guerra, l’ammontare di moneta in
circolazione si era quadruplicato.A fronte di ciò l’inflazione era cresciuta meno di quanto ci si sarebbe potuto aspettare: l’indice dei prezzi al consumo era cresciuto solo del 140% a dicembre 1918.
Cioè più o meno quanto l’inflazione crebbe in quegli anni bellici in Inghilterra, ed un po’ più che negli USA,ma meno che in Francia.

Nel frattempo però il debito era passato da 3 miliardi a 55 miliardi di vecchi marchi. Perché l’inflazione fu relativamente contenuta? Per la stessa ragione che si sarebbe verificata negli USA durante la seconda guerra mondiale: i bisogni furono razionati e i beni di lusso evitati; milioni di persone erano al fronte e non a fare shopping; i civili lavoravano duramente e avevano poco tempo per spendere; la gente risparmiava per i tempi di pace futura. Ma il carburante inflazionistico si stava accumulando nella forma di enormi quantità di carta moneta stampata.
Alla fine la Germania, persa la guerra, dovette far fronte ai pagamenti imposti dai vincitori, ed il marco iniziò a deprezzarsi contro le valute estere. Inoltre, i nuovi leader socialisti, democraticamente eletti, promisero tutti i tipi di miglioramenti salariali, meno ore da lavorare, e l’espansione del sistema educativo, così come nuovi benefici sociali. Tutto questo però significò una domanda fortemente in crescita a fronte di una limitata capacità produttiva. Per queste ragioni l’inflazione riprese ad accelerare dopo la pace, e nel febbraio 1920 il livello dei prezzi era 5 volte maggiore rispetto alla fine della guerra.

Nel frattempo l’ammontare di moneta in circolazione si era solo raddoppiato. Al contrario quindi di quanto successo durante la guerra, in soli due anni i prezzi erano saliti molto più dell’espansione monetaria Ciò provocò un senso di
conforto ai politici che ritenevano non potessero essere incolpati. Il motivo è, come vedremo, che il grado ed il flusso di fiducia giocano un grande ruolo nel trend di breve termine dei prezzi. La fiducia nel marco si era affievolita, e contemporaneamente miliardi di marchi conservati durante la guerra erano saltati fuori alla ricerca di beni da comprare: il carburante accumulato aveva iniziato a bruciare.

Dal febbraio 1920 per 15 mesi i prezzi restarono stabili ed il marco in realtà recuperò valore sulle valute estere, facendo scendere il prezzo dei beni importati del 50% circa. Ci fu quindi un occasione d’oro per ristabilire la stabilità monetaria. Purtroppo però, il governo, sentendosi incoraggiato da questo andamento, continuò a stampare moneta: +50% nei 15 mesi citati ed il debito salì del 100%. Nel maggio 1921 l’inflazione ripartì e un anno dopo i prezzi erano saliti del 700%.

Ciò nonostante la reichsbank continuava a stampare moneta sebbene a un ritmo di crescita un pò inferiore a qullo
dell’inflazione. Dopo il luglio 1922 iniziò la fase dell’iperinflazione vera e propria. La fiducia nella moneta svanì
del tutto e i prezzi salirono sempre più velocemente per 15 mesi , superando di gran lunga la stampa di nuova moneta che non riusciva a tenere il loro passo. Tanto per dare un idea l’indice dei prezzi all’ingrosso che era 1(uno) nel luglio 1914 , ed era passato a 100,6 nel luglio 1922, subisce la seguente escalation: 194 mila nel luglio 1923 e 726 miliardi nel nov. 1923.


A fine 1923, ben 300 fabbriche di carta lavoravano a pieno ritmo e 150 aziende stampatrici avevano 200 presse che marciavano giorno e notte producendo carta moneta.
Sotto la spinta forzata dell’inflazione le imprese lavoravano alla massima capacità usabile e la disoccupazione era sparita. Ma, i salari reali dei lavoratori erano crollati. I sindacati ottennero spesso degli aumenti, ma non ce la facevano a tenere il passo. I lavoratori agricoli, e vari strati di impiegati si trovarono particolarmente a mal partito. Non avevano sindacati che li proteggessero e spesso erano alla

 Gli uomini di affari invece iniziarono a trascurare le loro tradizionali occupazioni e iniziarono a speculare sulle azioni e sulle merci. Migliaia di piccoli imprenditori provarono a imitarli speculando su scarpe, carne, sapone, vestiti, e su ogni cosa potessero trovare: ogni caduta del marco portava a una corsa nei negozi, la gente comprava dozzine di cappelli o impermeabili. A metà 1923 i lavoratori iniziarono a essere pagati 3 volte al giorno. Le mogli prendevano i soldi e correvano a comprare, ma sempre più spesso trovavano i negozi vuoti.

I magazzini non riuscivano a trovare merce o non riuscivano a fare gli scambi così velocemente da proteggersi. Gli agricoltori rifiutavano di portare i prodotti in città : ricevere carta moneta non gli interessava. Scoppiarono tumulti per il cibo. Gruppi di lavoratori marciavano nelle campagne per prendersi frutta e verdutra e assalivano le fattorie. Le imprese iniziarono a chiudere e la disoccupazione improvvisamente esplose.


Nel frattempo, la classe media che dipendeva da qualsiasi tipo di reddito fisso si trovò impoverita, e vendette arredamento, vestiario, giolleria pur di avere cibo. I piccoli negozi divennero pieni di queste mercanzie. Ospedali, società artistiche e letterarie, istituzioni religiose e per la carità, chiusero perché non avevano più fondi.
Allora, con uno sforzo di volontà in extremis, il governo cambiò strategia di colpo e stabilizzò la moneta nel giro di una notte.
Avvenne così il miracolo del Rentenmark, durante il quale la svalutazione si fermò, le imprese rividero la luce, il virus
inflazionistico fu fermato, sebbene, come vedremo, iniziava un lungotunnel buio da percorrere. Milioni di tedeschi della classe media , normalmente l’ossatura della repubblica, rovinati dall’iperinflazione diventarono ricettivi alla propaganda di
estrema destra e formarono il fertile terreno sul quale sarebbe attecchita e sviluppata la mala pianta hitleriana.

Gli operai invece divennero nella maggioranza comunisti. I più grandi beneficiari dell’enorme redistribuzione di ricchezza che era intercorsa fuorno i leaders industriali di stampo feudale che non avevano fiducia nella repubblica e che di buon grado trattarono con Hitler pensando che lo avrebbero potuto controllare.

I partiti e i sindacati persero interamente il loro capitale di fiducia nell’opinione pubblica e furono ridotti ai minimi termini: la
repubblica liberale fu la grande vittima del’iperinflazione,e gli effetti ultimi verranno poi pagati dal mondo intero con la seconda guerra mondiale.

Molti uomini d’affari la vedevano di buon occhio perché cancellava i loro debiti, e loro sapevano come difendersene e
perfino profittarne speculando sui cambi, o comprando merci ed impianti, o indebitandosi per acquistare azioni di aziende
concorrenti. Il governo stesso pensava che l’inflazione svuotava il suo debito e gli favoriva i problemi finanziari.
I leader tedeschi dissero che il collasso del marco stava dimostrando come era impossibile sostenere i pagamenti che erano stati richiesti.

Il meccanismo di inflazione fu semplice. Il governo emetteva promesse di pagamento , e la banca centrale emetteva moneta sui titoli costituiti da queste obbligazioni. Quando un governo spende più di quanto incassa, deve indebitarsi. Se si limita a prendere in prestito dai suoi cittadini vendendo loro titoli, non è detto che ci sia inflazione: la moneta semplicemente passa di mano. Quando però il governo necessita di più moneta di quanto i propri cittadini siano in grado o vogliano prestargli, allora stampa nuova moneta, monetizza il debito come si dice.

Questo è quello che succede negli USA: la Fed stampa e compra lei i bot o i bonds del governo non sottoscritti. Il risultato netto è appunto la creazione di nuova moneta(oggi sotto forma di nuovi depositi bancari). E questo è
quello che successe in Germania. Il governo emetteva bot prontamente acquistati dalla Reichsbank che stampava nuovi biglietti per acquistarli.
Le imprese trovavano profittevole indebitarsi con le banche e comprare merci, azioni e aziende(ricorda qualcosa?) Il loro debito veniva svuotato nel giro di poche settimane dalla rapida inflazione, mentre a loro restavano i beni reali. Il risultato era un enorme inflazione”privata”, causata dall’espansione del credito, esattamente come oggi negli USA. Perfino i cambi esteri venivano fatti con prestiti, in pratica la banca centrale finanziava la speculazione contro la propria moneta, alla giapponese diremmo oggi.

 E la banca centrale teneva bassi i tassi dicendo che un rialzo avrebbe solo creato danni alle aziende e avrebbe finito per
aumentare l’inflazione! Insomma pare che i discorsi di Greenspan siano copiati da quelli della Reichsbank. Il sistema fiscale collassò, perché le imprese trovavano conveniente ritardare i pagamenti, data la svalutazione, ed il governo per
coprire il buco nel frattempo stampava altra moneta. Ad otttobre del 1923 l’1% delle entrate veniva dalle tasse e il 99% da nuova stampa di moneta. Ma la forza che più accelerò il processo inflazionistico fu la costante diminuzione del valore reale della moneta in circolazione, come è avvenuto in tutte le rapide inflazioni della storia e che è vitale comprendere per combattere l’inflazione. Durante la guerra, come prima ricordato, l’inflazione era inferiore al tasso di crescita della moneta; ma dopo, non appena la gente perse la fiducia, avvenne l’opposto. Pertanto il totale del circolante si ridusse drasticamente in termini reali: in proporzione alle necessità nel dopo guerra circolava meno moneta in termini reali di quanto non ne girasse prima. Il che può sorprendere ma è vero: la circolazione nominale era cresciuta di 15-20 volte ma i prezzi erano
saliti di 40-50 volte, ed in termini di oro il valore cadde da 7428 milioni di marchi ad appena 168 milioni nel luglio 1923.

Nonostante il proliferare di tonnellate di pezzi di carta, il cittadino medio trovava più difficile , e sempre di più, avere la moneta sufficiente per i suoi bisogni. Le banche, a corto di contante, non potevano onorare gli assegni, ed il governo aveva lo stesso problema, per cui sembrava non che ci fosse troppa moneta, bensì l’opposto. Per cui sembrava che se si fosse smesso di stampare moneta si sarebbero bloccate le imprese e milioni di lavoratori sarebbero finiti sulle strade.Il governo stesso sarebbe stato incapace di farlo: se si cavalca una tigre, poi scendere non è facile. Il 25 ottobre del 1923 la banca centrale scrive di aver stampato quel giorno 120 mila trilioni di marchi; purtroppo però la domanda era di un milione di trilioni: fu annunciato che la produzione sarebbe aumentata a 500 mila trilioni al giorno.


Una volta che la gente perde fiducia in una moneta, cerca di liberarsene. Come Keynes osservava, ciò aumenta enormemente la
velocità di circolazione, per cui i prezzi crescono più velocemente di quanto il governo non riesca a stampare moneta. Marshall, studiando questo processo, concludeva che : il valore totale di una moneta cartacea non convertibile, non può essere aumentato aumentando la sua quantità perché ogni aumento nella quantità abbassa il valore di ogni unità pre-esistente più che proporzionalmente.

In genere, i governi incolpano tutto e tutti per l’inflazione tranne se stessi. Quando l’inflazione cresce meno della moneta, come durante la guerra, dicono che ciò dimostra come le emissioni di moneta non sono pericolosamente alte (Fed oggi). Dopo, quando la fiducia svanisce,ed i prezzi superano la crescita della moneta, di nuovo dicono che ciò prova che non è colpa delle emissioni, che anzi ce ne vorrebero di più per star dietro ai prezzi.

Concluderò questa digressione teorica con una citazione di Milton Friedman il quale notò che dopo la rivoluzione russa, i bolscevichi introdussero una nuova moneta che stamparono in enormi quanittà e subito divenne priva di valore. Nel frattempo ancora circolavano le vecchie monete dello zar che invece mantenevano il loro valore reale,e che si erano quindi enormente rivalutate rispetto alla nuova moneta . Perché? Perchè nessuno pensava che lo zar ritornasse al governo e dunque si
sapeva che la vecchia moneta non era più stampabile!


E’ importante iniziare comprendendo quanto difficile fu ricavare un reddito in termini reali durante l’iperinflazione. I professionisti, i lavoratori qualificati e altri, abituati ad avere buoni redditi trovarono che i loro salari reali erano stati tagliati
disastrosamente.

Coloro che dipendevano da pensioni, risparmi o reddito fisso, incorsero in una situazione ancora più terribile.Gli interessi da obbligazioni o depositi a risparmio, sparirono subito in termini reali. Le azioni pagavano dividendi minimi o nessuno
perché le aziende usavano ogni fondo disponibile per speculare o aumentare il capitale circolante. I proprietari terrieri non si
trovarono meglio perché il governo bloccò le rendite , il che signficava che chi affittava i loro terreni e le loro case lo
faceva gratuitamente in pratica, ma a sua volta aveva gli enormi problemi di sopravvivenza che abbiamo vsto.
In generale, la liquidità, le obbligazioni e anche le azioni si rivelarono fonti di perdite . L’urgente bisogno di reddito per
sopravvivere ebbe importanti effetti sui vari tipi di investimenti, vediamoli.


Cambi e oro:

chi deteneva dollari, sterline o altre valute stabili, così come chi aveva oro, si salvò. Il governo durante l’iperinflazione aveva vietato i cambi, ma come sempre in questi casi era fiorito il mercato nero. I vincitori in assoluto furono coloro , una piccola minoranza, che aveva venduto fin dall’inizio marchi e acquistato valuta estera oppure oro, prima cioè che le leggi restrittive rendessero l’operazione difficile, e prima che il marco perdesse troppo.

Proprietà personali:
risucirono anche a difendere i propri soldi coloro che fin dall’inizio avevano comprato oggetti di valore, come monete rare, francobolli rari, gioielli, quadri di valore, antichità, oppure merci durature come pellicce, etc. naturalmente la maggioranza non capì il vantaggio fino a che l’iperinflazione non divenne clamorosa, e non era facile tramutarli in soldi quando servivano.

Azioni:
Nell’inflazione, le azioni sono in genere considerate un bene rifugio, in grado di essere facilmente speculato. In pratica
non è così semplice. I prezzi azionari sono spesso caduti violentemente proprio quando l’inflazione è divenuto un problema per l’andamento economico delle società. Inoltre le fluttuazioni fanno sì che facilmente si scelga il momento sbagliato per comprare o vendere, o finire nelle azioni sbagliate.
In genere dall’esperienza tedesca possiamo ricavare che chi ha comprato un pacchetto ben diversificato di azioni solide, cioè di società ben salde, prima che scoppiasse l’inflazione; e chi le ha tenute lungo tutto il periodo compreso quello della stabilizzazione, è riuscito a difendere il proprio capitale. Ma, vi furono parecchie trappole lungo il percorso sempre costellato da momenti di avidità o di paura; se la cavarono quelli non emotivi che avevano fiducia nelle società prescelte e che non seguirono le fluttuazioni immunizzandosi dall’eccitazione, dall’ansietà e dalle tentazioni speculative. Infatti molti seguirono i repentini rialzi o crolli del mercato cercando di specularvi, e alla fine ci rimisero, come ci avevano rimesso i loro colleghi speculatori in beni reali. D’altronde mentre l’intera economia e struttura finanziaria stava collassando, chi poteva avere la pazienza di aspettare fiducioso il futuro?


Negli USA si sono precostituite le condizioni che potrebbero portare ad un iperinflazione. Innazitutto la stampa di moneta, che sta accelerando visibilmente . Inoltre il fatto che tutte le categorie del paese sono piene di debiti, ed hanno un fortissimo
incentivo a vederseli svuotare di valore; è diffuso in tutta la società americana, esattamente come accadde in Germania, dove i più la vedevano con favore. Certo ci dicono che l’inflazione senza tenere conto delle case, delle azioni, delle
materie prime, del petrolio e degli alimentari, è al 2%. Peccato che ciò sia dovuto, come spiegato più volte, a una media
statistica tra i prezzi dei servizi che salgono in molti casi del 5% e passa all’anno, e quella dei prodotti manufatti che sotto
l’incalzare della concorrenza asiatica scendono. Ma ciò consente di dire, come i tedeschi dell’epoca, che non ci sono
problemi di eccesso di moneta perché i prezzi crescono meno; e poi si dirà che ce ne vorrà altra di moneta, quando i prezzi inzieranno a salire più di quest’ultima (come in parte già per case, azioni, etc.) Infine, il governo ha lanciato una campagna bellica pluriennale che rende necessario trovare una fonte di finanziamento enorme. Certo potrebbe aumentare le tasse, ma il solo dirlo pare già ridicolo, molto più facile stampare dollari.

Naturalmente manca la condizione essenziale per scatenare l’iperinflazione. La perdita di fiducia nel dollaro. A tutt’oggi,
gli americani hanno fiducia nel dollaro e nei propri governanti. Di fronte a situazioni di disastro finanziario come quello in
california, arrivano a eleggere un attore, la politica spettacolo li galvanizza e li fa correre numerosi alle urne. Vuol dire che ancora hanno fiducia, pur nei limiti intellettuali che questo popolo mostra ogni giorno che passa,e credono sia un gioco a lieto fine comunque vadano le cose. Ma ha fiducia anche il resto del mondo che continua ad accumulare dollari in cambio delle propie merci.
Come abbiamo visto credono al momento che questo sia il minore dei mali, che sia ancora nel loro interesse. Fino a quando, i cittadini americani e l’estero continueranno ad avere fiducia nonostante vedano le presse di fort knox stampare sempre più pezzi di carta verdi?

Nessuno può dirlo, perché abbiamo a che fare con la psicologia delle masse. Anche in Germania fino all’ultimo avevano resistito, ma appunto l’esperienza storica mostra che poi arriva il giorno fatale. A meno ovviamente che non ci si fermi in tempo. Secondo i benpensanti ci si fermerà non appena sarà ripartita l’economia e l’occupazione; non hanno capito che in breve tempo dopo un eventuale restrizione creditizia il paese sprofonderebbe in recessione perché ha accumulato troppi debiti; pertanto non si fermeranno in tempo.
Dopo la fase iperinflazionistica, il dollaro scomparirà dalla scena; può darsi che si seguirà la strada tedesca (nuova banca centrale, nuova moneta ancorata a beni reali) o può darsi che date le dimensioni, si arrivi a più monete federali (già oggi i singoli Stati hanno molte autonomie fiscali), perché più facilmente controllabili dai cittadini com’era in Europa prima dell’euro. A proposito e L’europa? L’inflazione vera (loro la chiamano “percepita”) è già al 6%, ma il rischio di iperinflazione al momento non esiste perché il controllo della moneta è saldamente in mani tedesche, la cui memoria appunto garantisce che difficilmente si possa ricadere nello stesso errore. Purtroppo però l’Europa dovrà subire le conseguenze del disastro americano, cioè meno esportazioni che si sommeranno alla sempre maggiore concorrenza asiatica e alle reazioni vetero-protezioniste che ciò provoca, e alla minor crescita interna per le note cause che l’affliggono (cioè vecchiaia, rigidità, etc.) fra cui non ultima proprio la contraddizione di avere una moneta unica a fronte di tanti diversi governi politici .

Dunque tendenze deflazionistiche, accentuate proprio dall’iperinflazione americana che provocando una rivalutazione forzata dell’euro abbasserà i prezzi delle importazioni (anche se trattando il petrolio in euro non avremo neanche la consolazione di un petrolio a buon mercato)."

L'opera integrale di Spallino del 2006 è su http://michelespallino.blogspot.com/2006/04/il-re-e-nudo-dic-2003_24.html



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